Come i player del lusso stanno trasformando le eccedenze in opportunità ?
Le crescenti preoccupazioni ambientali e l’entrata in vigore della legge AGEC spingono i marchi ad adottare pratiche più responsabili. Ma cosa si può fare per ottimizzare la produzione e trasformare le scorte in eccesso in opportunità?
Big Data e algoritmi predittivi, cambiamenti nei metodi di produzione, eco-design… tuffiamoci nell’affascinante mondo del retail e del lusso! Settori in cui l’imperativo di passare a una produzione agile e sostenibile sta ridefinendo le regole del gioco, influenzando in modo decisivo le strategie aziendali.
LA RIVOLUZIONE ETICA DEL LUSSO
L’evoluzione del mercato, caratterizzata da tendenze in rapida trasformazione e da richieste fluttuanti da parte dei consumatori, ha creato l’imperativo per le aziende di ripensare radicalmente i loro modelli di produzione tradizionali. L’aumento della spinta alla sostenibilità, accentuata dalle crescenti preoccupazioni ambientali, ha costretto i marchi del lusso a ripensare le proprie pratiche e ad adottare approcci più responsabili.
Al centro di questa trasformazione, la legge antispreco per un’economia circolare (AGEC) sta emergendo come un importante catalizzatore del cambiamento. Incentrata sulla promozione della sostenibilità, la legge esorta i marchi a ripensare la progettazione, la produzione e la distribuzione dei loro prodotti. L’obiettivo è creare prodotti più sostenibili, eliminare il più possibile la plastica, ridurre i rifiuti e ripensare l’intero ciclo di vita dei beni di lusso, fino al loro trattamento a fine vita.
La legge AGEC sta avendo un’influenza significativa nello spingere gli operatori del lusso a innovare e ad adattarsi a un panorama commerciale in continua evoluzione. Rappresenta una chiamata all’azione per incorporare pratiche più rispettose dell’ambiente, incoraggiando l’uso di materiali sostenibili, riducendo l’impronta di carbonio e implementando strategie per prolungare la vita dei prodotti.
Anche la gestione dei beni invenduti è un tema centrale della legislazione: il divieto di distruggere i prodotti obbliga gli operatori del settore a trovare modi creativi per aggiungere valore alle loro scorte inattive. Lo stock invenduto nel settore dei beni di lusso si riferisce agli articoli che non hanno trovato un acquirente in un determinato periodo. Può trattarsi di pezzi di una collezione che non sono stati venduti durante una determinata stagione. Una gestione efficace delle scorte invendute è fondamentale per mantenere la redditività dei marchi del lusso ed evitare eccedenze indesiderate. In questa sezione ci concentreremo solo su questo tipo di stock e non sugli invendibili, che tendono a essere modelli obsoleti, prototipi non inclusi nella collezione o prodotti la cui qualità è leggermente inferiore alle aspettative dei clienti di un grande marchio. La gestione oculata dei prodotti invendibili resta comunque essenziale per evitare di accumulare scorte inutilmente, senza danneggiare il valore percepito del marchio.
I marchi del lusso si trovano di fronte alla duplice sfida di soddisfare le mutevoli aspettative dei consumatori e di rispettare standard ambientali sempre più severi. Ciò ha portato a una completa rivalutazione dei processi produttivi, delle catene di fornitura e dei valori fondamentali delle aziende del settore del lusso.
In risposta a questa dinamica, molti operatori del lusso hanno abbracciato l’innovazione, investendo nella ricerca di materiali sostenibili, ripensando il proprio packaging e adottando pratiche di produzione eco-responsabili. Queste iniziative riflettono la necessità di adattarsi ai requisiti della legge AGEC e, più in generale, di rispondere alle crescenti aspirazioni dei consumatori a un consumo più consapevole e rispettoso dell’ambiente.
OTTIMIZZARE LA PRODUZIONE NEL SETTORE DELLA VENDITA AL DETTAGLIO
L’uso dei dati è onnipresente nella nostra vita quotidiana e il mondo del retail non fa eccezione. I volumi generati ogni giorno hanno raggiunto proporzioni tali da rendere difficile la loro interpretazione con i metodi statistici tradizionali. È in questo contesto che sono emersi i Big Data e l’avvento dell’intelligenza artificiale (AI) per sfruttare al meglio tutti questi dati.
L’intelligenza artificiale ha dimostrato di essere un approccio sofisticato all’analisi e all’elaborazione dei dati, facilitando il processo decisionale. Fornendo informazioni quali stagionalità, promozioni o campagne di marketing, gli algoritmi di previsione collegati a soluzioni di apprendimento automatico possono ottimizzare la gestione delle scorte e delle risorse e anticipare la domanda globale e locale.
Ma poiché le previsioni non sono mai perfette, devono essere abbinate a un sistema di produzione agile. Esistono diverse strategie di produzione a seconda dell’attività: make-to-order (MTO), make-to-stock (MTS) e un ibrido tra questi due metodi.
Il modello “make-to-order” (MTO) è caratterizzato da un approccio produttivo in cui i beni sono prodotti esclusivamente in risposta a uno specifico ordine del cliente. Questo metodo consente un elevato grado di personalizzazione dei prodotti in base alle esigenze dei singoli clienti. In questo modo si riducono i costi di magazzino, poiché i prodotti vengono fabbricati solo dopo aver ricevuto un ordine, e si ha la possibilità di adeguare la produzione alla domanda effettiva. Il modello MTO comporta generalmente tempi di consegna più lunghi, poiché la produzione viene attivata dopo l’ordine e non può essere anticipata. D’altro canto, risponde meglio alla ricerca di rarità da parte del consumatore. È il modello ereditato dall’alto artigianato (Alta Moda, Alta Gioielleria, Profumieri, ecc.).
Diffuso con l’avvento del consumo di massa (prêt-à-porter, licenze di profumi, bigiotteria, ecc.), il modello “make-to-stock” (MTS) prevede la produzione di beni in anticipo, senza attendere un ordine specifico. I prodotti vengono fabbricati e stoccati, garantendo la loro disponibilità. Le consegne sono più rapide grazie alla disponibilità immediata dei prodotti in magazzino e questo offre l’opportunità di realizzare economie di scala nella produzione. Le prestazioni del modello Make-to-stock dipendono in larga misura dagli strumenti di previsione della domanda e di pianificazione della produzione. Tuttavia, l’MTS ha i suoi svantaggi: costi di stoccaggio più elevati per i materiali e i prodotti finiti, il rischio di sovrapproduzione se la domanda effettiva non corrisponde alle previsioni e forti vincoli sulla distribuzione locale (carenze nel negozio/magazzino locale A ed eccesso di scorte nel negozio/magazzino B).
Un approccio ibrido consente di beneficiare dei vantaggi di entrambi gli approcci. In questo modello, una parte dei prodotti viene prodotta in anticipo e immagazzinata, mentre un’altra parte viene prodotta solo in risposta a ordini specifici. Un’azienda può beneficiare della personalizzazione offerta dall’MTO, che le consente di soddisfare le esigenze individuali dei clienti, riducendo al minimo i costi di stoccaggio associati alla produzione anticipata. Ciò consente inoltre di adeguare la produzione alla domanda effettiva, contribuendo a ridurre il rischio di sovrapproduzione. D’altro canto, la produzione anticipata nel modello ibrido offre una disponibilità immediata dei prodotti, consentendo consegne più rapide ed economie di scala nella produzione. Tuttavia, ciò richiede un approccio strategico e una gestione rigorosa per massimizzare i benefici e minimizzare i potenziali svantaggi.
STRATEGIE PER DARE NUOVA VITA ALLE SCORTE INVENDUTE
Nonostante i nostri sforzi per mantenere una gestione efficiente della produzione, è inevitabile dover fare i conti con eccedenze di produzione o prodotti invenduti. Tuttavia, attuando strategie innovative, è possibile dare una seconda vita a queste eccedenze.
- Una di queste soluzioni è la riallocazione, un processo sofisticato che prevede il trasferimento o la riallocazione di un ordine esistente da una sede, un magazzino o un punto vendita a un altro. Spesso attivato per ottimizzare la gestione delle scorte o per rispondere in modo più efficace alla domanda dei clienti, questo approccio dimostra una flessibilità operativa cruciale nell’ambiente commerciale odierno. La riallocazione offre una strategia di gestione del rischio, consentendo alle aziende di reagire rapidamente ai cambiamenti del mercato o a eventi imprevisti. Aiuta a mitigare i rischi associati alla sovrapproduzione, alle variazioni della domanda e alle fluttuazioni delle condizioni economiche. In breve, la riallocazione è una pratica strategica che offre una serie di vantaggi in termini di efficienza operativa, riduzione dei costi e sostenibilità. Gli strumenti di previsione possono essere utilizzati per suggerire queste riallocazioni al fine di ottimizzare le vendite, tenendo conto, in particolare, dei vincoli di prossimità geografica.
- Sempre più operatori scelgono di creare una rete di outlet per gestire le scorte invendute. Si tratta di una strategia volta a ottimizzare le scorte in eccesso, offrendo un ulteriore canale di vendita per i prodotti che non hanno trovato acquirenti nei canali di distribuzione tradizionali. Gli outlet, caratterizzati da prezzi ridotti, aiutano a smaltire le scorte, a liberare spazio in magazzino e ad attrarre un segmento di consumatori in cerca di occasioni. È fondamentale proteggere l’immagine del marchio gestendo la vendita dei prodotti invenduti in modo da minimizzare l’impatto sulla percezione dei consumatori. La creazione di una rete di punti vendita fornisce anche un canale di distribuzione complementare, che aiuta a bilanciare la domanda e l’offerta, mantenendo elevati standard qualitativi per preservare la reputazione del marchio.
- Al termine del ciclo di vita di un prodotto, si stanno affermando due opzioni: l’upcycling dei prodotti finiti, apprezzato dai clienti perché offre mini-serie e quindi potenziali oggetti da collezione, e lo smontaggio dei prodotti, per riciclare i materiali che li compongono reimmettendoli nei circuiti produttivi.
- Adottando una prospettiva creativa e sostenibile, l’upcycling mira a riutilizzare i potenziali rifiuti trasformandoli in prodotti utili, unici e originali, contribuendo così a ridurre i rifiuti e a sfruttare le risorse già disponibili.
- Promuovendo la circolarità dei materiali e incoraggiando un consumo più responsabile, questa pratica fa parte di un approccio ecologico ed economicamente valido che risponde alle sfide contemporanee della sostenibilità.
- Trasformando oggetti o materiali esistenti, questa pratica incoraggia la creatività e l’innovazione, offrendo alternative distinte ai prodotti convenzionali.
- Evitando la produzione di nuovi materiali, questo approccio contribuisce a ridurre l’impronta di carbonio associata alla produzione, al trasporto e alla distribuzione di nuovi beni.
- Lo smontaggio sembra essere il modo migliore per recuperare i materiali contenuti nei prodotti obsoleti. Vengono create e moltiplicate reti di riciclaggio intorno alle fabbriche per mettere in comune le competenze e reimmettere i materiali recuperati nella produzione il più rapidamente possibile. Le aziende possono anche attingere ai dati per progettare i loro sistemi di raccolta dei prodotti invenduti e obsoleti stoccati nei magazzini e per prevedere i volumi generati.
CONCLUSIONE
I rapidi cambiamenti del mercato e le crescenti preoccupazioni ambientali hanno costretto gli operatori del settore del lusso e della vendita al dettaglio a ripensare le loro pratiche. La legge AGEC sta emergendo come forza trainante, incoraggiandoli a ripensare il design, la produzione e la distribuzione dei prodotti di lusso.
La riallocazione, lo smontaggio e l’upcycling stanno emergendo come strategie intelligenti per gestire i prodotti invenduti. La riallocazione ottimizza la gestione delle scorte, mentre l’upcycling dà ai prodotti una seconda vita creativa, contribuendo a una riduzione complessiva dei rifiuti durante lo smontaggio.
Le Maison del lusso si stanno orientando verso un modello più responsabile, innovativo e rispettoso dell’ambiente per dare forma a un futuro sostenibile e ancora desiderabile per il settore.
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E-commerce e CSR: come conciliare crescita e sostenibilità
L’e-commerce si è affermato durante l’emergenza sanitaria come un canale essenziale per le aziende, con una crescita dell’8,5% nel 2020 rispetto al 2019. Inoltre, sempre più francesi ordinano online, con quasi 42 milioni di acquirenti online nel 2021, pari a 129 miliardi di euro di vendite.
Allo stesso tempo, sono cresciute le preoccupazioni per le conseguenze negative del commercio elettronico. Da un lato, i consumatori sono sempre più consapevoli dell’impatto dei loro acquisti online sull’ambiente e sulla società e prediligono le aziende che dimostrano responsabilità offrendo alternative sostenibili. Dall’altro lato, la responsabilità sociale d’impresa è considerata una priorità per il 90% dei siti di e-commerce, che aumentano costantemente i propri investimenti in questo settore, come dimostra la Carta per la riduzione dell’impatto ambientale del commercio online.
Si moltiplicano quindi le iniziative a favore della responsabilità sociale d’impresa in rete per un consumo più consapevole. D’ora in poi, la RSI si troverà lungo tutta la catena del valore: dalla fabbricazione del prodotto, al marketing, passando per la preparazione dell’ordine, la consegna e infine la seconda vita.
Uno sguardo a 5 modi per conciliare e-commerce e CSR, con casi concreti di utilizzo da parte di alcuni grandi nomi della moda e del lusso.
- TRACCIABILITÀ DEL PRODOTTO
Ogni percorso cliente inizia con il riconoscimento di un bisogno e la ricerca di informazioni (leggi il nostro articolo sulle sfide della tracciabilità attraverso il ciclo di vita di un diamante). Tuttavia, raccogliere informazioni sulla catena di approvvigionamento, dalle materie prime al prodotto finito, può essere complesso o addirittura impossibile per i consumatori che oggi pongono la trasparenza al centro delle loro preoccupazioni. Al di là della domanda dei consumatori, i marchi ritengono necessario questo lavoro a causa delle normative che vengono gradualmente introdotte a livello francese ed europeo. È il caso, ad esempio, della legge “anti-spreco per un’economia circolare”, nota come AGEC, che impone alle aziende di rivedere i propri metodi di produzione e di essere pienamente consapevoli dei propri approvvigionamenti per poter controllare in futuro il riciclo dei propri prodotti.
In questo contesto, i siti web fungono sempre più spesso da relatori di informazioni e da vetrina per la tracciabilità. Da diversi anni Guerlain è impegnata in un processo di mappatura del ciclo di vita dei suoi prodotti. Da questo lavoro è nata Bee Respect, una piattaforma di trasparenza e tracciabilità progettata in collaborazione con la società Product DNA. Accessibile tramite il sito guerlain.com, vengono rivelate informazioni essenziali come l’origine delle materie prime, gli ingredienti utilizzati nonché gli elementi del packaging, i luoghi di produzione e l’impronta di carbonio, per consentire ai consumatori di effettuare acquisti consapevoli e trasformarli così in “consumatori attivi”.
Altri attori, come la start-up Fairly Made, stanno affrontando l’industria tessile, notoriamente la più inquinante, collaborando con i maggiori gruppi francesi (LVMH, Galeries Lafayette o SMCP) per la tracciabilità lungo tutta la catena del valore.
- PAGAMENTI E DONAZIONI
Sebbene la maggior parte delle iniziative online riguardi l’aspetto ambientale della RSI, anche l’aspetto sociale trova il suo spazio sul web. Conosciuto come “e-commerce solidale”, le donazioni online al momento del pagamento consentono di sostenere una causa durante gli acquisti online, rendendo la filantropia più accessibile che mai. Nel 2021 sono state contate 2,14 miliardi di transazioni online: se ognuna di queste transazioni avesse generato anche solo 5 centesimi di donazione, si sarebbero potuti raccogliere più di 107 milioni di euro.
Esistono diversi modi per utilizzare il canale digitale per raccogliere donazioni. Negli Stati Uniti, iGive offre ai suoi membri la possibilità di donare gratuitamente una percentuale del prezzo d’acquisto (dallo 0,6% al 26%) a un ente di beneficenza di loro scelta. Di fatto, i 919 rivenditori online che partecipano al programma iGive, tra cui i giganti Best Buy, Amazon, eBay e Home Depot, pagano l’importo della donazione in base alla percentuale scelta. Sebbene la pratica delle donazioni online sia più diffusa al di là dell’Atlantico, sta guadagnando terreno in Francia. La soluzione microDON offre ai consumatori l’opportunità di arrotondare i loro pagamenti a favore di un ente benefico quando pagano i loro acquisti in negozio o online. Con 145 milioni di donazioni effettuate e 1.600 associazioni sostenute, è la principale piattaforma di donazione cross-channel per gli operatori del retail. Aziende come H&M propongono di fare una donazione alla fine del tunnel dello shopping a un’associazione benefica preselezionata, che sarà poi corrisposta dal marchio stesso; un altro modo per promuovere l’altruismo in un contesto commerciale.
- IMBALLAGGIO RIUTILIZZABILE
“Circa il 25% degli 8,3 miliardi di tonnellate di plastica prodotti tra il 1950 e il 2015 (equivalenti al peso di 822.000 torri Eiffel o di 80 milioni di balene) proviene da imballaggi, e solo il 14% di questo volume globale sarà riciclato; circa il 24% del volume delle spedizioni nella catena di approvvigionamento globale contiene… il vuoto”.
L’afflusso di imballaggi in cartone e plastica è quindi diventato una vera e propria sfida per gli e-tailer. In Francia, il numero di pacchi distribuiti ed esportati ammonta a oltre un miliardo all’anno. 9 aziende su 10 ritengono che il tema dell’imballaggio diventerà sempre più importante nel prossimo futuro.
È questo il caso di Clarins, che ha collaborato con la start-up francese Hipli, pioniera nella progettazione di packaging riutilizzabili, per effettuare un’operazione di test e apprendimento con i membri del suo programma fedeltà. I prodotti sono stati inseriti in buste flessibili, prodotte in Europa, che potevano essere piegate e rispedite al mittente grazie a un sistema integrato di preaffrancatura, fino a 100 volte. Secondo Hipli, 100 pacchi riutilizzati ridurrebbero i rifiuti domestici di circa 25 chili e l’impronta di carbonio del 77%. Attualmente in fase di test, l’azienda intende migliorare il progetto prima di renderlo permanente. Oltre 350 marchi offrono già consegne con imballaggi Hipli, tra cui showroomprivé.com e Cdiscount.
- CONSEGNA VERDE
Con il 10% delle emissioni di gas serra, il trasporto merci è uno dei principali responsabili del riscaldamento globale. Questa cifra non è destinata a diminuire nel prossimo futuro, dato che si prevede che le emissioni di gas serra prodotte dal trasporto merci quadruplicheranno tra il 2010 e il 2053. Oltre al considerevole aumento del numero di ordini, il commercio elettronico è fonte di flussi irregolari e imprevedibili che ostacolano l’ottimizzazione dei mezzi di trasporto, a maggior ragione se si considerano metodi di consegna ultraveloci come la consegna in 24 ore offerta da Amazon nell’ambito del suo servizio Prime. Il tasso di restituzione, dal 20 al 30% nel commercio elettronico rispetto al 10% nel commercio fisico, non fa che accentuare la pressione che il trasporto esercita sull’ambiente.
A fronte di questa situazione, le aziende di trasporto stanno intensificando gli sforzi per offrire alternative più ecologiche. È il caso di DHL, che si è posta l’obiettivo di “zero emissioni” entro il 2050. Nell’ambito di questo programma, la società tedesca di consegna pacchi sta costruendo una flotta “verde” da diversi anni. Nel 2021 ha investito 3 milioni di euro per acquistare 74 veicoli elettrici in Francia. Possiede inoltre un gran numero di biciclette, in particolare a due e tre ruote, utilizzate per le consegne dell'”ultimo chilometro”, che sono considerate le più inquinanti. DHL sfrutta l’innovazione anche per aiutare l’ambiente: in collaborazione con la start-up tedesca Greenplan, ha creato un algoritmo di pianificazione e ottimizzazione dei percorsi per ridurre le emissioni di CO2. In Francia, altre soluzioni come la consegna collaborativa tra vicini, in collaborazione con la start-up Pick me, o il sistema SwipeBox di armadietti locali, permettono di passare a metodi di consegna più rispettosi dell’ambiente.
- ECONOMIA CIRCOLARE
Piattaforme a noleggio o di seconda mano… Le iniziative a favore dell’economia circolare abbondano da tutte le parti. Si prevede che il mercato globale dell’usato crescerà del 15-20% all’anno nei prossimi 5 anni. Mentre il 70% dei francesi continua a preferire i siti e le applicazioni di vendita tra privati, come Vinted, per effettuare questo tipo di acquisto, il 31% preferisce i siti specializzati in beni di seconda mano, come BackMarket, e il 28% i rivenditori tradizionali aperti all’economia circolare.
A questo proposito, il marchio Maje ha lanciato il noleggio nel 2021 e l’usato nel 2022 attraverso il programma “Dream Tomorrow”, che mira a limitare l’impatto dell’attività del marchio sull’ambiente. Nel contesto del noleggio, l’obiettivo è quello di offrire i capi più belli, come abiti da cerimonia o abiti da festa, delle collezioni attuali o delle stagioni precedenti attraverso uno spazio dedicato sul sito web. A coloro che denunciano gli effetti nocivi del noleggio sull’ambiente, il marchio assicura che tutti gli abiti noleggiati vengono puliti da un servizio di lavaggio a secco eco-responsabile che utilizza imballaggi riutilizzabili. Per quanto riguarda gli abiti di seconda mano, il marchio offre alla sua comunità la possibilità di vendere i vecchi capi in cambio di buoni da utilizzare nella boutique o sul sito web dedicato agli abiti di seconda mano.
Il “pre-loved” è anch’esso in crescita tra i marchi del lusso. È il caso di Gucci, che si è distinto nel 2021 con il lancio del suo e-concept store “Vault”. Questo spazio unico offre pezzi vintage di Gucci, raccolti dagli archivisti della Maison presso privati e collezionisti di tutto il mondo, che vengono poi ricondizionati e talvolta anche personalizzati. Un “armadio digitale di curiosità, dove passato, presente e futuro si intrecciano”, secondo la Maison italiana.
CONCLUSIONE
La responsabilità sociale delle imprese riguarda tutti gli aspetti della vendita al dettaglio, dal prêt-à-porter ai cosmetici, dal fast fashion all’industria del lusso. Il commercio elettronico ha rimescolato le carte dei nostri modelli di consumo e delle nostre aspirazioni dalla crisi degli anni Ottanta. I marchi hanno dovuto adattarsi alle nuove sfide sociali e ambientali che si trovano ad affrontare e sono fiorite iniziative eco-responsabili. Alcune, come le microdonazioni, possono essere attuate in modo relativamente semplice e veloce, mentre altre, come la tracciabilità, sono più complesse e costose da implementare.
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